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don lorenzo milani

   Le parole di don Lorenzo; le ragioni di un impegno: il dovere di essere seri

Ciclo di letture drammatizzate dagli scritti di don Lorenzo Milani
a cura di Paolo Bussagli

 

Può sembrare strano che il motto con cui accompagniamo le nostre letture di don Milani inizi con parole in cui molti riconosceranno echi tipicamente gobettiani:

"Leggiamo don Milani perché viviamo in un mondo di unanimità consenziente..."

cosa ha a che vedere don Milani con "l'intransigenza democratica" di Piero Gobetti? Apparentemente poco, ma nella sostanza molto più di quanto potrebbe sembrare. Certo, le due figure sono diversissime e per apprezzare il contrasto non c'è niente di meglio che considerare le posizioni che costoro avevano nei confronti dell'atto della lettura: per Gobetti "Leggere è un atto pratico, su cui non è possibile dare un giudizio di valore"; quel che più conta, per Gobetti la lettura trova il suo compimento nell'individuo singolo e sono ovviamente "le autonome volontà e le libere iniziative" che consentono la creazione di una cultura popolare elevata. Al centro di tutto, per Gobetti resta sempre l'individuo. Per don Milani la lettura privata in quanto tale è palesemente immorale: solo nel suo essere atto (platonicamente) politico, e quindi nel suo essere comunicazione e aiuto per gli altri la lettura trova la sua dignità profonda. Si tratta certo di un bel contrasto, di per sè sufficiente ad evitare impropri accostamenti.

Tuttavia, ferme restando le differenze, vi è un approdo comune in entrambi i nostri due autori, e tanto più interessante in quanto quell'approdo, oggi, può essere un frutto di particolare utilità per noi tutti. 

In entrambi gli autori vi é un amore sostanziale, forte, sicuro e inflessibile verso l'irripetibilità e la singolarità della persona umana e solo gli evidenti punti di contrasto tra un intellettuale liberale come Gobetti e un sacerdote antiintellettuale come don Milani hanno impedito di coglierlo. Si tratta, in entrambi gli autori di un richiamo al dovere di "non buttarsi via"; Gobetti ad esempio parla di "essere ad ogni istante noi"; don Milani parla invece dell'imperativo di "non divergere dalla mia bella vita". Per Gobetti  questo dovere costituisce il fondamento della vita democratica (perché non può esservi democrazia senza coerenza); per don Milani è il fondamento stesso della vita morale. E qui i due uomini tanto diversi sembrano cogliere un punto in comune: proprio perché la nostra vita è unica noi abbiamo il dovere di portarla avanti con serietà e coerenza...  

In un paese di persone poco serie come l'Italia non di rado questo "dovere" è stato gabellato di "moralismo" dando vita all'irrisione dell'intransigenza gobettiana  e alla stereotipizzazione della figura del sacerdote di Barbiana che tuona contro la ricchezza e il divertimento...  E tuttavia, oggi, nell'Italia di questi anni in cui spesso vediamo giovani e anziani che vivono vite virtuali, attaccati a programmi televisivi ove si gabella per verità ciò che è pura fiction siamo sicuri che il richiamo di Gobetti

ESSERE AD OGNI ISTANTE NOI

e quello di don Milani

NON VOGLIO DIVERGERE DALLA MIA BELLA VITA

non abbiano qualcosa da insegnarci?

 

 

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