La scelta che uniforma questa messa in scena è la seguente:
si tratta di accogliere in pieno lo spirito beffardo di
Aristofane, fino al limite dell'eccesso, senza moderarlo o
censurarlo in nessun modo. L'idea del "pensatoio" come baraccone
per gonzi viene accolta in pieno, e realizzata, sul piano delle
scelte estetiche, enfatizzando certe ambiguità chiaramente
presenti già nel testo circa il rapporto Socrate-Nuvole. Chi
sono le Nuvole? Divinità o donnine allegre che aiutano Socrate a
spillar soldi ai fessi? Entrambe le cose in
realtà. Dal punto di vista delle scelte artistiche si tratta di
colorare la scena dei suoni e dei colori di un certo mondo del "pre-avanspettacolo",
con quell'atmosfera mista di varietà e di circo che animava
ambienti come "piazza Pepe" di Roma: il mondo degli esordi di
Petrolini, di Fregoli.
Questo è un modo interessante per restituire tutta la
immediatezza, talvolta salace, che il testo doveva avere nelle
intenzioni dell'autore. Naturalmente una scelta del genere,
tutta incentrata sul rispetto dello spirito originario del
testo, pone dei problemi per la fruizione del pubblico: i nostri
tempi non sono i tempi di Aristofane e di Socrate; allora
Socrate non raffigurava certo, tra i suoi cittadini, quello che
impersona per noi: prova ne è la fine che gli hanno fatto fare.
A noi l'idea di presentare a questo modo Socrate ripugna, e
ripugna per più ragioni:
-Per noi Socrate rappresenta il pensatore disinteressato per
eccellenza, l'uomo che in nome dei suoi valori morali accetta di
morire.
-Per noi rappresenta il pensatore tutto dedito alle cose
morali, disinteressato alle indagini fisiche. Quello di
Artistofane è tutto un'altra cosa.
Il secondo punto non è un gran che rilevante: in molti hanno
infatti sostenuto che questa immagine di Socrate è molto, forse
troppo "Platonica": insomma non sta scritto in nessun luogo che
il Socrate Meteorologo di Aristofane sia una invenzione scenica.
Il primo punto è invece cruciale: qui non possiamo dar la colpa
a Platone e si deve invece riconoscere che è piuttosto
l'immagine Aristofanea del Socrate "ciarlatano" ad essere
isolata nella letteratura. A tal punto che esiste una infinità
di commenti alle Nuvole in cui si attribuisce ad Aristofane la
qualifica di "nemico di Socrate", di primo tra gli accusatori
che lo porteranno alla condanna. Questo fatto, indipendentemente
dalla valutazione del Socrate storico, pone chi mette in scena
le Nuvole in una condizione imbarazzante. L'autore, ovvero
Aristofane, tratta da ciarlatano e da mistificatore un uomo che
la nostra cultura considera uno tra i principali punti di
riferimento, quasi una sorta di padre - per non dire,
addirittura, un martire.
E' naturale quindi interrogarsi sulle ragioni che spingono
Aristofane a una posizione del genere. La via più ovvia per
risolvere il problema è all'interno della dialettica politica
"innovazione - conservazione": Aristofane, attivo protagonista
del gruppo conservatore risulterebbe ostile a Socrate dal punto
di vista politico. E tuttavia questa interepretazione non regge;
non tiene conto del fatto che Aristofane e Socrate erano molto
più contigui di quanto non si creda: appartenevano alla cerchia
dei vari Alcibiade, Crizia, quella cerchia essenzialmente
aristocratica che partorirà il governo dei "Trenta Tiranni".
Sulla base di queste considerazioni c'è chi si è spinto fino a
ritenere che la polemica tra Aristofane e Socrate fosse una
polemica "interna" a un certo schieramento politico - e come
tale avesse tutta l'asprezza e la violenza che le polemiche
interne sempre portano con sé. In realtà l'opposizione fra
Socrate e Aristofane non è niente affatto legata a una
dimensione politica, se non di riflesso. La reale opposizione
concerne la forma della cultura ammissibile. In questo ambito si
può dire, in un certo senso, che Aristofane è il conservatore
mentre Socrate è l'innovatore. Per Aristofane l'educazione deve
avvenire mediante una poesia rigorosamente priva di elementi
intellettuali, per Socrate e la sofistica l'educazione deve
avvenire mediante il dialogo critico fondato sulla logica
Eleatica. L'opposizione di cui parliamo non è riducibile
pienamente a una semplice dialettica tra "pensiero intuitivo" e
"pensiero critico": siamo in realtà di fronte a uno scontro tra
culture radicalmente diverse che solo con difficoltà riescono a
confrontarsi. Per comprendere quanto sia enorme la distanza si
consideri solo il rapporto tra il "nome" e il "referente del
nome". Per l'Eschileo Aristofane ha senso dire che un nome è
falso o vero, in quanto il rapporto tra ciò che si dice
poeticamente e ciò che esiste è dotato di una immediatezza
assoluta. Per la sofistica questo non è più possibile: siamo già
nella direzione che, attraverso Platone e Aristotele giungerà a
una distinzione tra espressione, significato e referente.
Al centro di questa messa in scena sta proprio questa radicale
opposizione. E il CDRC, che in questi anni globalizzanti ha
sempre sentito il bisogno di porsi come un dovere il rispetto
della diversità culturale non può fare a meno di difendere, e di
assumere con rigore la posizione che col tempo è divenuta
perdente, quella di Aristofane. Naturalmente, in tutto
questo, non possiamo fare a meno di tenere in
considerazione quello che tale opposizione culturale è divenuta
per noi, il modo con cui ci è arrivata. Ora, a noi ci è arrivata
- come gran parte della documentazione su Socrate - attraverso
Platone: ci è arrivata attraverso una opposizione tra realtà e
apparenza (o mimema, imitazione - ma imitazione che si stacca
dalla realtà, che la deforma) che con Socrate non ha
probabilmente niente a che vedere. Platone - relativamente a
questa opposizione culturale - ha operato una forte
radicalizzazione (si pensi al X di Repubblica) che risulta solo
minimamente compensata dal recupero del mito in funzione
educativa. Noi, di fatto, siamo abituati a guardare a Socrate e
a Platone come all'inizio della nostra cultura e - allo stesso
tempo - ad Aristofane come alla fine di una vecchia cultura,
alla fine di un modo vecchio di educare e di pensare. Proprio in
forza della nostro essere figli della posizione
Platonico-Socratica è impossibile parlare dell'opposizione
Aristofane- Logica Eleatica senza ricorrere a Platone. Se non
ricorriamo noi a Platone lo farà il pubblico e qualsiasi cosa si
faccia sarà eliminata e cancellata da tale ricorso. Peraltro la
tentazione di mettere in scena Platone - come personaggio che si
muove, che parla, che giudica - ci è parsa piena di attrattive
non solo dal punto di vista intellettuale ma anche da quello
artistico: la scelta di costringere il "nemico delle arti" a
fare l'arte è indubbiamente stimolante. Il nostro spettacolo,
pertanto, contiene una scena in cui il divino Platone interviene
a commentare l'azione.