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Chi ha paura dell'uomo nero?discorso su Sergio Ramelli Note di Regia
Chi ha paura dell'uomo nero? | Rassegna stampa | Materiale Multimediale | Genesi dello spettacolo | Repliche | Petizione | Archivio Sergio Ramelli Ricordare Sergio Ramelli. Le ragioni di un impegno "Ma perchè vuoi
scrivere un dramma
La
storia di Sergio: quando nei bar non ci si dava la mano/b> & C'è una celebre canzone di un
cantautore romano, sugli anni '70: "Compagno di scuola". Quella
canzone ricorda con rimpianto i "bei tempi" in cui si facevano
le lotte, in cui si era giovani. E' una canzone dedicata ai
giovani di sinistra che negli anni '70 volevano fare la
rivoluzione e che poi sono finiti a lavorare in banca. A un
certo punto si accenna, di sfuggita, al fatto che, in quegli
anni, c'erano anche altri ragazzi, che non volevano fare la
rivoluzione; si accenna a loro in modo criptico e un po'
improprio; si parla di un bar dove "Nietsche e Marx si davano la
mano". Il messaggio che viene trasmesso è semplice: accanto a
noi, giovani di sinistra, che volevamo la dittatura del
proletariato c'erano i giovani di destra, che credevano nel
superuomo; con loro sì, ci si scontrava, ma in ultima istanza ci
volevamo bene, noi ragazzi di sinistra con quelli di destra.
Ma dove l'immagine diviene assolutamente falsa è nel
dipingere gli scontri tra destra e sinistra come delle semplici
schermaglie adolescenziali,: ascoltando quella canzone vien da
pensare che negli anni '70, al di là delle divergenze politiche
esistesse stima se non addirittua amicizia tra chi militava
nelle opposte fazioni.
La nostra storia purtroppo è diversa; è la storia di
Sergio Ramelli. Sergio, nel 1975 era
studente all'istituo Molinari di Milano, una scuola
dominata da estremisti di sinistra; scrisse un tema contro le
Brigate Rosse. Il tema, non si sa come, finì nella mani di
alcuni studenti di Avanguardia Operaia. In quegli anni la
sinistra non ha ancora preso le distanze dal movimento di Renato
Curcio. Così fu organizzato a scuola un processo popolare in cui
Sergio venne dichiarato fascista ed espulso da scuola.
L'espulsione, ovviamente, non aveva alcun valore legale; ma tali
erano le violenze a cui il giovane Sergio era giornalmente
sottoposto che i genitori decisero di farlo trasferire. Due mesi
dopo Sergio venne sprangato sotto casa da un commando di
Avanguardia Operaia (vale la pena di ricordare che gli
sprangatori non lo conoscevano, lo individuarono da una
fotografia) e morì dopo una lunga agonia di un mese e mezzo.
Tutto questo avviene tra la più totale indifferenza, per
non dire nella complicità della classe docente dell'Istituto
Molinari (alcuni professori partecipano al "processo"). Le
Istituzioni sono assenti. Inutilmente cercheremo delle presenze
ufficiali al corteo funebre; Sergio, ucciso per aver parlato
male dei terroristi avrebbe dovuto essere immediatamente
indicato, dalle istituzioni, come un martire della democrazia,
un punto di riferimento per la società civile. Il minimo da
aspettarsi sarebbe stato un corteo funebre in piazza del Duomo,
con il sindaco, il Presidente della Repubblica e qualche
Ministro. Invece no; non venne il Presidente, non vennero i
ministri, non venne il sindaco. In effetti nessuno venne al
corteo funebre di Sergio perchè la questura di Milano lo vietò
(!!!): vennero allertati ben due battaglioni di carabinieri per
impedire che i Milanesi potessero accompagnare in chiesa un
ragazzo di 18 anni ucciso per aver parlato male dei terroristi.
Quello che fa impressione, in questa storia, è che è vera,
documentata, documentatissima; negli anni '80 c'è stato un
processo che ha dimostrato in modo indiscutibile che Sergio non
aveva fatto mai male a nessuno, che le ragioni che condussero
alla sua morte sono quelle ora nominate.
Non so in quale mondo possibile si trovasse il bar dove "Nietsche
e Marx si davano la mano". Ma so per certo che quel mondo
possibile non è il mondo reale; nessuno dei "compagni di
Avanguardia Operaia" tese la mano a Sergio: nessuno lo difese, a
scuola, quando veniva costretto agli atti più umilianti; quando
arrivò l'ordine di prenderlo a sprangate nessuno cercò di
impedire l'aggressione. Questi erano quegli anni; gli anni in
cui si gridava che "uccidere un fascista non è un reato"; sono
stati anni in cui si è perso di vista il valore supremo della
vita; per questo a Milano sono morti Sergio Ramelli e Pedenovi,
da un lato ed é morto Alberto Brasili dall'altro. Il mio spettacolo inizia e termina con un importante riferimento culturale: Piero Gobetti e la sua nozione di democrazia, fatta di "tolleranza nei confronti degli altri e di coerenza nei confronti di se stessi"; una nozione che è stata dimenticata, rimossa nel triste periodo degli anni di piombo. Per questo oggi ricordiamo Sergio Ramelli - e Alberto Brasili, giovane di sinistra ucciso dagli estremisti di destra -. Affinchè la confusione di quegli anni non vinca di nuovo, affinchè la strada della tolleranza non venga più perduta.
Lo spettacolo si ambienta nell'archivio di un giornale che sta
per chiudere. Un giornalista, che ha militato in passato, a
sinistra è rientrato da poco, stanco e presumibilmente alticcio
di birra e di fumo. Sta scrivendo il suo ultimo articolo per
quel giornale... ma non ci riesce, si interrompe in
continuazione e, in quella condizione non riesce ad evitare un
bilancio di se stesso. Chi è? Cosa ha fatto in passato? Non si
ricorda niente, si ricorda solo che tanti anni fa, quando
cominciò a lavorare c'era un clima diverso, la convinzione di
poter fare qualcosa di importante... adesso invece più niente,
solo il vuoto dietro di sè.
Appare, evocato, un fantasma... l'Uomo Nero: una figura
oscura dal carattere aggressivo e al tempo stesso sarcastico.
Non simbolo, ma vivente presenza di un passato rimosso, di una
realtà cancellata, di una memoria negata.
Egli evoca la storia di Sergio e si incarnano i fantasmi
della Donna e della Legge (a loro volta incarnazioni della vita
e della ragione negate). Il giornalista non riuscirà a finire il suo articolo; però ne scriverà un altro...O:P>
Ma non l'abbiamo fatto
da soli... Il CDRC è particolarmente
orgoglioso di "Chi ha paura dell'uomo nero?". Si tratta del
primo spettacolo che ha saputo guardare agli anni '70 senza
passare attraverso le lenti deformanti di ideologie totalitarie
e senza la paura di apparire "politically incorrect".
Tuttavia dobbiamo ammettere che non ce l'abbiamo fatta da
soli. Sono molte le persone e gli enti che, in diversi modi, ci
hanno aiutato.
Al primo posto vanno poste due persone senza la cui opera
questo spettacolo non sarebbe mai andato in scena. Ignazio La
Russa e Guido Giraudo. Ignazio La Russa, che tutta l'Italia
conosce come parlamentare di spicco di Alleanza Nazionale, ha
due meriti fondamentali nella questione Ramelli: in primo luogo,
come legale della famiglia Ramelli ha preso parte al processo
svolgendo un ruolo fondamentale nell'accertamento della verità;
in secondo luogo ha raccolto una gran quantità di materiale sul
caso contribuendo a documentare la vicenda. Proprio fondandosi
su questo materiale Guido Giraudo, a sua volta, ha scritto un
libro documentatissimo che ha costituito un successo editoriale
senza precedenti nel mondo della destra. L'idea di concepire
"Chi ha paura dell'uomo nero?" è nata proprio dalla lettura del
libro di Giraudo.
Così ringraziamo Ignazio La Russa e Guido Giraudo: non
solo perchè ci hanno aiutato - e ci aiutano tutt'ora, a far
girare il nostro spettacolo ma perchè, senza di loro il nome di
Sergio sarebbe stato dimenticato e, probabilmente, non
esisterebbe nessuna storia da raccontare.
Un altro ringraziamento particolare lo dobbiamo alla
famiglia del Professor Nicola Carlesi di Vasto. La signora
Gioia, che ha sostenuto in ogni modo il nostro spettacolo,
Francesco Carlesi che disegnato il nostro manifesto e,
soprattutto, PierNicola Carlesi che è entrato a pieno titolo nel
progetto, collaborando alla messa in scena e offrendo il suo
insostituibile apporto. E ancora Romano Masciulli e Vincenzo
Suriani, che ci hanno aiutati con le musiche.
Infine un ringraziamento concreto alle persone che ci
hanno aiutato concretamente nel realizzare lo spettacolo e lo
hanno sostenuto a vario titolo:
Silvia Silvestri, Francesco Carlesi, Paolo Maddaloni,
Dario De Matteis e, più in generale, Azione Universitaria di
Pisa, sono stati i primi a credere nel progetto e si sono
impegnati per ottenere un finanziamento dall'Università di Pisa
e presentare lo spettacolo, in prima nazionale, al teatro
Sant'Andrea. E ancora, Basilio Catanoso, allora Presidente di
Azione Giovani e oggi deputato al
parlamento che ci ha seguiti sin dalla prima rappresentazione,
Massimo Mariotti, Luca Baiona, Paolo Rendina, Alberto Vecchi,
Riccardo Marchioni, Andrea del Mastro,
Luca De Stefani,
Roberta Capotosti, Carlo Fidanza,
Irma Casula,
Alberto Parigi, Nicola Procaccini, Valerio Bugli, Alessandra
Gandino, Teocrito Carlesi, Costanzo Del Vecchio e ancora
Francesco Macrì, Paolo Coccheri, Graziano Grazzini, Rodolfo
Ademollo, .
SCENA 1- L'ineffabile oblio degli uomini sbiaditiO:P> SCENA 3 - Il 13 marzo 1975...O:P> SCENA 4 - Così fan tutti SCENA 5 - Ma quanto è bello avere una parola buona per tutto,
per tutte le occasioni SCENA 6- E che importa se dunque era un fascista? SCENA 7- A Milano fu scavata una fossa SCENA 8- Il fetido cortile ricomincia a
miagolare, il peggio sembra essere passato
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