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Chi ha paura dell'uomo nero?discorso su Sergio Ramelli


Ricordare Sergio Ramelli. Le ragioni di un impegno

           "Ma perchè vuoi scrivere un dramma su Sergio Ramelli, oggi?"

  Quando ancora non avevo scritto il testo di questo spettacolo mi sentivo spesso porre questa domanda da amici e da colleghi fiorentini. Ebbene, a questa domanda rispondevo regolarmente con un'altra domanda:

  "Perché nessuno ha scritto un dramma su Sergio Ramelli?"

        Non è strano, oggi, che esista uno spettacolo su Sergio Ramelli! E' strano, piuttosto, che ne esista solo uno.  E' strano che nessuno abbia mai fatto un film su Sergio Ramelli, è strano - addirittura imbarazzante - che nessuna università abbia investito energie e lavoro per studiare il caso Ramelli sul piano sociologico, per comprendere - al di là della politica - su quali perversi meccanismi sociologici e psicologici il destino di  Sergio abbia potuto compiersi. In apparenza è un vero mistero.  Come artista e autore mi chiedo - e me lo chiedo sul piano volgarmente professionale - come sia potuto accadere che nessun poeta, nessuno sceneggiatore abbia mai pensato, fino ad oggi di mettere in scena o in pellicola il caso Ramelli. La storia di Sergio non ha pari nella storia recente - e meno recente - del nostro paese.  La prima impressione che si prova è l'orrore, un orrore che ci offende e ci stupisce; ci si chiede: possibile che questo sia capitato in Italia, negli anni '70? Nasce così la tentazione di rimuovere questa vicenda, di non crederla, di negarla. Il punto è proprio questo. Sergio Ramelli fa paura, come scrisse Leo Siegel in un bellissimo articolo subito dopo il funerale.  Io, dopo diversi mesi passati a scrive il testo e a metterlo in scena  ho imparato a capire che dietro la domanda  

"Ma perchè vuoi scrivere un dramma su Sergio Ramelli, oggi?"

  Non c'è malizia o polemica; c'è solo paura. Sergio Ramelli, un giovane di destra che nella Milano degli anni '70 portava i capelli lunghi  fa paura come solo la purezza può far paura. Le idee fanno paura a questa società, ma ancora più paura può far la fedeltà... Quando tutti gli Italiani  vorranno finalmente riacquisire la propria dignità e riscopriranno che essere coerenti e onesti è un dovere, allora sapranno guardare gli occhi di Sergio Ramelli senza vergognarsi, senza abbassare i propri. Allora, quando Sergio non farà più paura, smetteremo di ricordarlo.  Ma fino a quando ci sarà qualcuno che ha paura di un ragazzo di 18 anni morto venticinque anni fa, ricordare Sergio sarà un dovere. Può darsi che Don Milani avesse ragione quando ha scritto che l'obbedienza non è più una virtù; ma di una cosa sono certo: la vigliaccheria non è mai stata una vitù; e non credo che lo diventerà mai...       

La storia di Sergio: quando nei bar non ci si dava la mano/b>

& C'è una celebre canzone di un cantautore romano, sugli anni '70: "Compagno di scuola". Quella canzone ricorda con rimpianto i "bei tempi" in cui si facevano le lotte, in cui si era giovani. E' una canzone dedicata ai giovani di sinistra che negli anni '70 volevano fare la rivoluzione e che poi sono finiti a lavorare in banca. A un certo punto si accenna, di sfuggita, al fatto che, in quegli anni, c'erano anche altri ragazzi, che non volevano fare la rivoluzione; si accenna a loro in modo criptico e un po' improprio; si parla di un bar dove "Nietsche e Marx si davano la mano". Il messaggio che viene trasmesso è semplice: accanto a noi, giovani di sinistra, che volevamo la dittatura del proletariato c'erano i giovani di destra, che credevano nel superuomo; con loro sì, ci si scontrava, ma in ultima istanza ci volevamo bene, noi ragazzi di sinistra con quelli di destra. Questa immagine è impropria per due ragioni. Se è vero che i ragazzi di sinistra leggevano Marx e che il marxismo era un elemento costituitivo della coscienza dei giovani di sinistra non è vero che Nietsche svolgeva un ruolo costitutivo, e neppure importante, nella coscienza del mondo di destra. Se si ascoltano, oggi, le canzoni degli Amici del Vento, il gruppo musicale che rappresenta la coscienza storica della destra di quegli anni non si trova alcuna traccia di "superuomismo"... semmai qualche spunto guareschiano!

         Ma dove l'immagine diviene assolutamente falsa è nel dipingere gli scontri tra destra e sinistra come delle semplici schermaglie adolescenziali,: ascoltando quella canzone vien da pensare che negli anni '70, al di là delle divergenze politiche esistesse stima se non addirittua amicizia tra chi militava nelle opposte fazioni. Siamo coscienti del fatto che questa è l'immagine più diffusa: la vulgata, l'immagine popolare di quegli anni... gli anni formidabili..., gli anni dei sogni, delle speranze e della purezza... In tutta franchezza ci piacerebbe tanto che quella vulgata fosse vera: andrebbe a onore di questo paese; ci piacerebbe tanto poter raccontare una storia immersa in un simile clima.

         La nostra storia purtroppo è diversa; è la storia di Sergio Ramelli. Sergio, nel 1975 era  studente all'istituo Molinari di Milano, una scuola dominata da estremisti di sinistra; scrisse un tema contro le Brigate Rosse. Il tema, non si sa come, finì nella mani di alcuni studenti di Avanguardia Operaia. In quegli anni la sinistra non ha ancora preso le distanze dal movimento di Renato Curcio. Così fu organizzato a scuola un processo popolare in cui Sergio venne dichiarato fascista ed espulso da scuola. L'espulsione, ovviamente, non aveva alcun valore legale; ma tali erano le violenze a cui il giovane Sergio era giornalmente sottoposto che i genitori decisero di farlo trasferire. Due mesi dopo Sergio venne sprangato sotto casa da un commando di Avanguardia Operaia (vale la pena di ricordare che gli sprangatori non lo conoscevano, lo individuarono da una fotografia) e morì dopo una lunga agonia di un mese e mezzo.

         Tutto questo avviene tra la più totale indifferenza, per non dire nella complicità della classe docente dell'Istituto Molinari (alcuni professori partecipano al "processo"). Le Istituzioni sono assenti. Inutilmente cercheremo delle presenze ufficiali al corteo funebre; Sergio, ucciso per aver parlato male dei terroristi avrebbe dovuto essere immediatamente indicato, dalle istituzioni, come un martire della democrazia, un punto di riferimento per la società civile. Il minimo da aspettarsi sarebbe stato un corteo funebre in piazza del Duomo, con il sindaco, il Presidente della Repubblica e qualche Ministro. Invece no; non venne il Presidente, non vennero i ministri, non venne il sindaco. In effetti nessuno venne al corteo funebre di Sergio perchè la questura di Milano lo vietò (!!!): vennero allertati ben due battaglioni di carabinieri per impedire che i Milanesi potessero accompagnare in chiesa un ragazzo di 18 anni ucciso per aver parlato male dei terroristi.  Quello che fa impressione, in questa storia, è che è vera, documentata, documentatissima; negli anni '80 c'è stato un processo che ha dimostrato in modo indiscutibile che Sergio non aveva fatto mai male a nessuno, che le ragioni che condussero alla sua morte sono quelle ora nominate.  

         Non so in quale mondo possibile si trovasse il bar dove "Nietsche e Marx si davano la mano". Ma so per certo che quel mondo possibile non è il mondo reale; nessuno dei "compagni di Avanguardia Operaia" tese la mano a Sergio: nessuno lo difese, a scuola, quando veniva costretto agli atti più umilianti; quando arrivò l'ordine di prenderlo a sprangate nessuno cercò di impedire l'aggressione. Questi erano quegli anni; gli anni in cui si gridava che "uccidere un fascista non è un reato"; sono stati anni in cui si è perso di vista il valore supremo della vita; per questo a Milano sono morti Sergio Ramelli e Pedenovi, da un lato ed é morto Alberto Brasili dall'altro.

         Il mio spettacolo inizia e termina con un importante riferimento culturale: Piero Gobetti e la sua nozione di democrazia, fatta di "tolleranza nei confronti degli altri e di coerenza nei confronti di se stessi"; una nozione che è stata dimenticata, rimossa nel triste periodo degli anni di piombo. Per questo oggi ricordiamo Sergio Ramelli - e Alberto Brasili, giovane di sinistra ucciso dagli estremisti di destra -. Affinchè la confusione di quegli anni non vinca di nuovo, affinchè la strada della tolleranza non venga più perduta.

    Lo spettacolo si ambienta nell'archivio di un giornale che sta per chiudere. Un giornalista, che ha militato in passato, a sinistra è rientrato da poco, stanco e presumibilmente alticcio di birra e di fumo. Sta scrivendo il suo ultimo articolo per quel giornale... ma non ci riesce, si interrompe in continuazione e, in quella condizione non riesce ad evitare un bilancio di se stesso. Chi è? Cosa ha fatto in passato? Non si ricorda niente, si ricorda solo che tanti anni fa, quando cominciò a lavorare c'era un clima diverso, la convinzione di poter fare qualcosa di importante... adesso invece più niente, solo il vuoto dietro di sè.

         Appare, evocato, un fantasma... l'Uomo Nero: una figura oscura dal carattere aggressivo e al tempo stesso sarcastico. Non simbolo, ma vivente presenza di un passato rimosso, di una realtà cancellata, di una memoria negata.  Egli evoca la storia di Sergio e si incarnano i fantasmi della Donna e della Legge (a loro volta incarnazioni della vita e della ragione negate).

Il giornalista non riuscirà a finire il suo articolo; però ne scriverà un altro...O:P>

Ma non l'abbiamo fatto da soli...

Il CDRC è particolarmente orgoglioso di "Chi ha paura dell'uomo nero?". Si tratta del primo spettacolo che ha saputo guardare agli anni '70 senza passare attraverso le lenti deformanti di ideologie totalitarie e senza la paura di apparire "politically incorrect".

         Tuttavia dobbiamo ammettere che non ce l'abbiamo fatta da soli. Sono molte le persone e gli enti che, in diversi modi, ci hanno aiutato.

         Al primo posto vanno poste due persone senza la cui opera questo spettacolo non sarebbe mai andato in scena. Ignazio La Russa e Guido Giraudo. Ignazio La Russa, che tutta l'Italia conosce come parlamentare di spicco di Alleanza Nazionale, ha due meriti fondamentali nella questione Ramelli: in primo luogo, come legale della famiglia Ramelli ha preso parte al processo svolgendo un ruolo fondamentale nell'accertamento della verità; in secondo luogo ha raccolto una gran quantità di materiale sul caso contribuendo a documentare la vicenda. Proprio fondandosi su questo materiale Guido Giraudo, a sua volta, ha scritto un libro documentatissimo che ha costituito un successo editoriale senza precedenti nel mondo della destra. L'idea di concepire "Chi ha paura dell'uomo nero?" è nata proprio dalla lettura del libro di Giraudo.  

         Così ringraziamo Ignazio La Russa e Guido Giraudo: non solo perchè ci hanno aiutato - e ci aiutano tutt'ora, a far girare il nostro spettacolo ma perchè, senza di loro il nome di Sergio sarebbe stato dimenticato e, probabilmente, non esisterebbe nessuna storia da raccontare. 

         Un altro ringraziamento particolare lo dobbiamo alla famiglia del Professor Nicola Carlesi di Vasto. La signora Gioia, che ha sostenuto in ogni modo il nostro spettacolo, Francesco Carlesi che disegnato il nostro manifesto e, soprattutto, PierNicola Carlesi che è entrato a pieno titolo nel progetto, collaborando alla messa in scena e offrendo il suo insostituibile apporto. E ancora Romano Masciulli e Vincenzo Suriani, che ci hanno aiutati con le musiche.

         Infine un ringraziamento concreto alle persone che ci hanno aiutato concretamente nel realizzare lo spettacolo e lo hanno sostenuto a vario titolo:

         Silvia Silvestri, Francesco Carlesi, Paolo Maddaloni, Dario De Matteis e, più in generale, Azione Universitaria di Pisa, sono stati i primi a credere nel progetto e si sono impegnati per ottenere un finanziamento dall'Università di Pisa e presentare lo spettacolo, in prima nazionale, al teatro Sant'Andrea. E ancora, Basilio Catanoso, allora Presidente di Azione Giovani e oggi deputato al parlamento che ci ha seguiti sin dalla prima rappresentazione, Massimo Mariotti, Luca Baiona, Paolo Rendina, Alberto Vecchi, Riccardo Marchioni, Andrea del Mastro,  Luca De Stefani,  Roberta Capotosti, Carlo Fidanza,  Irma Casula,  Alberto Parigi, Nicola Procaccini, Valerio Bugli, Alessandra Gandino, Teocrito Carlesi, Costanzo Del Vecchio e ancora Francesco Macrì, Paolo Coccheri, Graziano Grazzini, Rodolfo Ademollo, .  

 

SCENA 1- L'ineffabile oblio degli uomini sbiaditiO:P>

  SCENA 2 - Sergio Ramelli non è mai esistito

SCENA 3 - Il 13 marzo 1975...O:P>

SCENA 4 - Così fan tutti

SCENA 5 - Ma quanto è bello avere una parola buona per tutto, per tutte le occasioni

SCENA 6- E che importa se dunque era un fascista?

SCENA 7- A Milano fu scavata una fossa

SCENA 8- Il fetido cortile ricomincia a miagolare, il peggio sembra essere passato

  SCENA 9 - uno, dieci  mille assassini liberi e belli a giro per il mondo

  SCENA 10 - Tu resterai, come una carezza del vento  


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