Archivio Sergio Ramelli

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Il Giorno, 27/3/1987

"Lui gridava, io colpivo"

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Al processo Ramelli
Uno degli autori dell'omicidio (oggi medico anestesista) racconta con la voce rotta dall'emozione come fu assassinato il giovane missino dodici anni fa a colpi di spranga.

"Lui gridava, io colpivo"

Marco costa, 32 anni: "Guardando in faccia quel ragazzo, avrei voluto dire basta, ma l'ideologia mi spinse ad andare avanti" - L'ordine del pestaggio era stato dato dal dirigente di Ao di Città Studi

Scintilla tra le mani del presidente Antonino Cusumano: è lunga, lucida, addirittura elegante. Uscita dagli slogan politici degli anni Settanta, regina nel compito impostole di "castigafascisti", ecco che la Hazet 36, banalissima ed imponente chiave inglese, esibita come corpo di reato. In un lungo attimo, di fronte alla seconda Corte d'assise, di fronte ad avvocati favorevoli a che lo strumento sia messo in mostra in udienza e ad avvocati contrarissimi, la Hazet trovata nell'abbaino di viale Bligny incontra un momento di gloria, di terrore, di fiato sospeso. Non è quella con cui fu ucciso l'estremista di destra Sergio Ramelli, ma quella con cui un anno dopo venne fatta un'azione dimostrativa dentro il bar di largo Porto di Classe.
    L'imputato, quello che siede da due ore di fronte alla Corte, la riconosce. Dice. "È una delle chiavi inglesi più grandi che abbia mai visto. Quella usata contro Ramelli era più piccola di tre centimetri e soprattutto meno pesante, una '35 Beta'".
    Che uomo è Marco Costa, 32 anni, medico anestesista, 10 anni fa affezionato componente di Avanguardia operaia, uno dei due allora giovanissimi studenti di medicina che sprangarono a morte il diciassettenne Sergio Ramelli? È un uomo magro e pallido, dagli occhiali rotondi e dall'abito curato, che riversa al microfono il suo pentimento, il suo ravvedimento, la sua, intima per oltre dieci anni e poi portata a galla dall'inchiesta giudiziaria, sofferenza. Un uomo che si raccomanda di valutare la sua colpa, ricordando cosa furono gli anni Settanta, il credo politico, l'ideologia, il "dover essere" che offuscava ogni salutare spinta emotiva.
    Lui e Giuseppe Ferrari Bravo, la mattina del 13 marzo 1975, colpirono a morte quel ragazzino di destra che aveva appena parcheggiato il motorino sotto casa in via Amadeo. Gli altri del gruppo avevano compiti svariati di copertura. 
Marinella Rossi

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