Archivio Sergio Ramelli

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L'Unità, 17/3/1987

Ramelli:processo senza manette

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Gli imputati per l'uccisione del missino sono arrivati in aula dalla rispettive case
Ramelli, processo senza manette
In aula poca tensione
fuori i saluti romani

Gli ex protagonisti degli "anni di spranga" (ora quasi tutti professionisti) hanno scritto alla madre del ragazzo ucciso 12 anni fa

MILANO - Il processo Ramelli si è aperto senza manette. Forse per la prima volta nella storia delle aule di giustizia del nostro paese, dieci imputati di omicidio volontario premeditato, più nove imputati di tentato omicidio plurimo, più altri sei loro compagni accusati di tatti minori di quella violenza di piazza degli anni Settanta, fatta di spranghe e chiavi inglesi, sono comparsi davanti a una Corte d'assise senza catene ai polsi, senza cellulari né scorta di polizia. Sono giunti alla spicciolata, ciascuno da casa sua, quelli in libertà provvisoria e quelli agli arresti domiciliari mescolandosi al pubblico, non riconoscibili tra amici e familiari che si stringono attorno a loro. Ai pochi carabinieri di servizio resta il compito (ma non è un compito invidiabile) di 'regolare il traffico in quell'aula ridicolmente piccola per 25 imputati, ben più che altrettanti avvocati, una cinquantina di testi. E una volta occupato ogni angolo praticabile, il solo spazio ancora disponibile per quell'altra piccola folla costituita dal giornalisti delle 'grandi occasioni, risulta essere il gabbione degli imputati, deserto; che infatti viene prontamente adibito a 'tribuna stampa'. A la guerre comme à la guerre.
Il      piccolo incaglio logistico, e la notizia circolata subito che li processo verrà immediatamente aggiornato, contribuiscono ad allentare la tensione per questa vicenda giudiziaria per la quale, dentro e fuori del tribunale, si sono mobilitate le due fazioni opposte. Dp è presente in forza nell'aula: ci sono Giovanni Russo Spena, Patrizia Annibaldi e Loredana De Petris, della segreteria nazionale; ci sono I parlamentari Guido Pollice e Franco Calamida con il Capogruppo alla Camera Massimo Goria, e Emilio Molinari, consigliere regionale lombardo. La loro solidarietà esplicita è agli esponenti del loro partito coinvolti in questo processo: Saverio Ferrari, della segreteria nazionale, e Giovanni Di Domenico, Consigliere comunale a Gorgonzola. Fuori, in piazza Fontana, è organizzato un presidio di un centinaio di persone, con lo scopo di garantire che dl processo si possa tenere In un clima privo di "condizionamenti", senza spirito "vendicativo".
Sul versante opposto, mezzo miglio di neofascisti provenienti da mezza Italia - da Roma a Bolzano, da Trieste a Torino - si sono radunati davanti alla sede del Msi in via Mancini per commemorare il ragazzo ucciso dodici anni fa, e sono giunti in corteo davanti alla sua casa in via Amadeo, giusto in tempo per recitare davanti alla madre di Sergio Ramelli, di ritorno dal tribunale, il loro "Camerata Ramelli Presente!" con tanto di saluto romano.
    Anita Pozzoli vedova Ramelli aveva fatto la sua comparsa in aula per costituirsi parte civile, ma non aveva accettato di parlare con la stampa. A pochi passi da lei c'erano gli imputati dell'uccisione di suo figlio. Nelle settimane scorse, alcuni di loro le hanno fatto giungere una lettera nella quale esprimevano "profondo rimorso dl quel momento disgraziato" e facevano una specie di autocritica: .Oggi riteniamo profondamente sbagliato, anzi inconcepibile, il dirimere le differenze tra i diversi modi di pensare con la pratica della violenza.. Ora sono qui, quasi fianco a fianco. Ma la distanza sembra incolmabile: più ancora che tra loro e la madre del ragazzo ucciso in quel marzo del '75, il distacco e fra loro come sono qui, adesso - uomini fatti, seri, con tutti i caratteri del cittadino rispettabile - e quegli antichi picchiatori del servizio d'ordine di Avanguardia operaia. Li separano dodici anni, una storia che ha accantonata l'ideologia dello scontro dl piazza, un itinerario personale che si è affrancato da quella disgraziata scelta giovanile. E a vederli lì, schivi e accasciati, sembra davvero che su di loro il ricordo di quel 'tragico errore' pesi quanto l'apprensione per l'imminente giudizio.
    L'Udienza si esaurisce in breve: giusto il tempo per il presidente Cusumano di fare l'appello e di informare le parti in causa che il malanno che lo affligge in questi giorni - una "nefrite altamente febbrile"  - lo obbliga a tornarsene a casa al più presto e a rinviare il processo di una settimana.

Paola Boccardo

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