Archivio Sergio Ramelli

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L'Unità, 17/3/1987

La loro giustizia si chiama vendetta

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La loro giustizia si chiama vendetta


"Camerata Ramelli" "Presente!" "Camerata Ramelli" "Presente!" "Camerata Ramelli" "Presente!" Così, con grido minaccioso e braccia tese nel saluto romano, i ragazzi del Fronte della Gioventù salutano Anita Ramelli, la piccola donna bionda dagli occhi gonfi di pianto. Sono cinquecento, tra quelli di Milano e quelli venuti da Monza, da Bolzano, da Trieste, da Padova, da Torino, per partecipare al corteo che da via Mancini, sede del Fronte, è arrivato in via Amadeo, dove ancora vive la mamma del ragazzo ucciso dodici anni fa. Un corteo aggressivo, sinistro, nonostante le parole misurate con cui i capi cercano di imbonire i giornalisti. "Non vogliamo fare i forcaioli, cerchiamo di capire il clima di quegli anni" dichiara Paola Frassinetti, una dirigente nazionale. Alle sue parole fanno da contrappunto i cinquecento che passano urlando "Comunisti bastardi, venite fuori adesso, ve lo facciamo noi un bel processo". "Il movimento è diverso dai rigurgiti nostalgici" ripete Riccardo De Corato, consigliere comunale missino. "Basco in testa, manganello in mano, sono rossi e devono morir" canta il ragazzo inguainato in una tuta di pelle nera, la croce nazista appesa al collo. Per i cinquecento che sfilano Sergio Ramelli, il ragazzo sprangato a morte, non è la vittima inutile di una cultura sprezzante della vita umana, ma un martire da vendicare. la gente guarda e tace, solo  un signore anziano mormora: "Non credevo che esistesse ancora una cosa del genere". Del resto, il clima di intimidazione instaurato dal pur sparuto drappello, è evidente; i giornalisti sono "curati", fotografati, seguiti neanche tanto con la coda dell'occhio. Comunque, tutto si svolge senza incidenti: solo in corso XXII marzo, prima dell'inizio della manifestazione, sul tram 12 si scazzottano un ragazzo del Fronte e uno di Dp, e la rissa finisce con un occhio nero del giovane fascista. Ben altro è il clima in piazza Fontana, dove fin dal primo mattino si è organizzato un presidio di Dp al fine di ribadire l'impegno affinché il processo si svolga in un clima provo di condizionamenti, e a garanzia di uno giusto e non vendicativo. Qui circa centocinquanta persone stazionano silenziose davanti agli striscioni. C'è un'aria triste, pesante, fisicamente palpabile. A giudicare dalle facce oramai stagionate, ci sono coloro che gli anni della violenza gli hanno vissuti in prima persona. Molti guardano la mostra fotografica allestita proprio a due passi della Banca dell'Agricoltura; il corpo di Feltrinelli, gli scontri con la polizia a Valle Giulia, la strage della questura. Quella di Dp è stata una manifestazione di messa, sottovoce. Eppure, ai fascisti - che hanno promesso un periodi di grande effervescenza - è sembrata un affronto. " Potrebbe pregiudicare il clima di distensione - ha detto De Corato - ancora un gesto del genere e potremmo decidere di manifestare ad ogni seduta del processo".

di Marina Morpurgo


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