Archivio Sergio Ramelli

Archivio Ramelli - articoli di giornale

L'Unità, 17/3/1987

Ma qualcuno afferma: io non c'ero

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Ma qualcuno afferma: io non c'ero

MILANO - "Il perdono? Non è una cosa che si possa chiedere, è una speranza". Chi parla è Marco Costa. Secondo l'accusa è uno degli esecutori materiali dell'omicidio Ramelli, è uno dei partecipanti alla spedizione punitiva nel bar Porto di Classe, nonché uno dei responsabili dell'archivio di viale Bligny. Ora, pallido, teso, visibilmente a disagio nel parlare con i giornalisti, si dichiara sconvolto per quei fatti vecchi di dodici anni. È reo confesso, come quasi tutti i suoi coimputati. E come quasi tutti i suoi ex compagni, ha terminato gli studi ed esercita la professione di medico.
    Come Claudio Scazza, come Luigi Montinari, come Antonio Belpiede. Belpiede, al contrario dei vecchi compagni della facoltà di medicina, nega di aver preso parte a quell'omicidio. "Sono assolutamente estraneo", dice dal primo giorno e ripete ora: "ho presentato un alibi, che non è mai stato verificato". Belpiede non si è solo costruito una carriera professionale, ma si è anche conquistato una solida stima fra i comunisti di Cerignola, dove ha ricoperto il ruolo di capogruppo Pci al consiglio comunale fino a che l'apertura dell'inchiesta ha portato alla sua sospensione dal partito.
    Anche i due esponenti di Dp, Saverio Ferrari e Giovanni Di Domenico, negano di aver preso parte ai fatti di sangue di quegli anni '75-'76. Di Domenico, "Gioele", ha provvisoriamente dovuto cambiare professione: era insegnante ed è stato sospeso dall'incarico in attesa della conclusione del processo. "Adesso lavoro in una cooperativa", spiega. Anche lui, come tutti gli imputati agli arresti domiciliari, ha il permesso di uscire ogni giorno per andare al lavoro. I magistrati non hanno voluto usare la mano pesante per questi imputati così poco corrispondenti agli schemi consueti.
    C'è una sola donna in questo processo. E' Brunella Colombelli, biologa all'istituto di zoologia sperimentale presso l'università di Ginevra. Deve rispondere anche lei dell'omicidio, poiché in qualità di staffetta avrebbe fornito le indicazioni necessarie per l'aggressione a Ramelli. "Sì, facevo la staffetta, ma non sono stata io a fornire quelle indicazioni", si difende. "Dell'omicidio ho sentito parlare nei giorni successivi. Le cose non sono proprio andate come dicono i giudici istruttori".
    Dalla settimana ventura il dibattimento tenterà di chiarire le zone d'ombra che ancora restano su quelle terribili vicende.

Paola Boccardo
 
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