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L'Unità, 1/4/1987

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Ramelli ci vide e fu l'attimo più tremendo


MILANO - "In realtà nessuno se la sentiva e forse per questo decidemmo di andarci tutti insieme". Così ha raccontato ieri sera in Tv Marco Costa a Enzo Biagi e a milioni di italiani. E poi ha ricostruito pezzo a pezzo il mosaico del delitto Ramelli, senza attenuare le sue colpe, anzi, seguendo la traccia che il rimorso gli ha lasciato dentro in tutti questi anni di ricordi e di incubi. Tutto concentrato in quell'attimo tremendo, che 'sembrò un'eternità', quando la squadra punitiva in attesa sotto la casa del ragazzo fascista, lo vidi arrivare in motorino. "Lui ci vide e lo vidi lui - racconta Costa - e fu l'attimo più tremendo quello che rivivo ancora adesso".
    Marco Costa lo ammette: vide un ragazzo molto simile a lui, come era allora, un ragazzo - dice - "col suoi desideri". "Il prImo a colpire fui io, essendo il caposquadra", continua e mentre parla guarda dentro la telecamera.
Marco Costa, interrogato da Biagi durante la puntata di ieri del Caso, dice di non aver chiesto perdono alla madre di Ramelli, perché pensa che per lui e i suoi compagni non è il momento di chiedere, ma il momento di dare. E tutto quello che posso dare è la verità. Impegno tremendo anche in situazioni meno drammatiche. 
    Giovanni Di Domenico, pure intervistato da Biagi, anche se si è rifiutato di entrare nel merito del processo, ha aggiunto: "Una morte non si giustifica mai, ma comunque il clima di quegli anni anche se non giustifica, può far capire. Credevamo che bastasse poco per cambiare il mondo".
Maria Novella Oppo 


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