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L'omicidio nella coppiaFrancesca da Rimini

Il fenomeno della "morte della donna" all'interno del rapporto di coppia è un fenomeno particolarmente serio, e, negli ultimi anni si è rivelato talmente diffuso da costituire un vero e proprio allarme sociale. 

1 - Violenza e morte nel rapporto di coppia

La questione della morte della donna nel rapporto di coppia può apparire, a prima vista, un caso specifico e particolarmente grave del più ampio fenomeno della violenza nel rapporto di coppia. Ma vi sono tuttavia aspetti statistici che  presentano il tema della  "morte della donna" come un fenomeno specifico, dotato di sue caratteristiche specifiche. 

In primo luogo il fenomeno della violenza nel rapporto di coppia sembra essere più tipicamente legato a condizioni di disagio economico e sociale di quanto lo sia il fenomeno dell'omicidio nel rapporto di coppia. Mentre la pratica della violenza sembra dipendere in buona parte da fattori come il reddito e il grado di educazione il fenomeno dell'omicidio della donna sembra quasi del tutto slegato da questi parametri.

Inoltre il fenomeno della morte nella coppia sembra decisamente più di genere. Talvolta le donne picchiano il proprio uomo, ma molto raramente pongono in essere tentativi di omicidio. Dai dati del Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti risulta che per ogni uomo sottoposto a violenza fisica dalla propria donna ci sono circa tre donne sottoposte a violenza fisica al proprio uomo: un rapporto decisamente sbilanciato dalla parte degli uomini.T uttavia, se si va ad analizzare il tipo specifico di violenza fisica in gioco, ci si accorge che il rapporto di uno a tre tende a divaricarsi nel momento in cui si considera gli strumenti utilizzati per fare violenza: ad esempio se lo strumento di violenza è un fucile il rapporto passa da 3/1  9/1!!! Mentre se invece lo strumento di violenza è un generico oggetto lanciato per colpire il partner il rapporto scende da 3/1 a 2/1; insomma non è la semplice violenza che costituisce un impressionante fattore di discriminazione tra uomo e donna; anche le donne, talvolta, picchiano. Ciò che fa la differenza è la volontà di annientare, di cancellare: di rado le donne mirano ad uccidere.

 

2 - I dati sul fenomeno della morte della donna nel rapporto di coppia

Il fenomeno è universale e le cifre parlano chiaro: tra le donne assassinate in tutto il mondo, dal 35 al 70% sono uccise dai partners, attuali o pregressi. La maglia nera appartiene ai paesi islamici dove si sfiorano le percentuali più alte; ma nei paesi del nord il problema resta tuttavia assai serio; può sembrare poco che in America il 35% delle donne uccise vengano uccise dai propri partners e che in Europa oscilli tra valori del 40% e valori del 50%, ma si tratta di percentuali altissime. Può essere conveniente offrire alcune statistiche di settore:

 Secondo la National Organization of Women degli USA ogni giorno 4 donne muoiono negli USA a causa della violenza domestica: circa 1.400 ogni anno. Da uno studio dell'FBI risulta che nel 1992 sono stati commessi 22.540 omicidi negli USA; solo nel 61% dei casi è stato possibile stabilire il grado di relazione intercorrente tra vittima e omicida; di questi circa il 15% coinvolgeva rapporti, in essere o trascorsi, di coppia. Sempre dai dati dell'FBI circa il 30% delle donne uccise nel 1990 sono state uccise dai loro mariti o fidanzati: in cifre assolute oltre 800 sono state uccise dal marito e 400 dal proprio fidanzato; i dati del 1992 risultano dello stesso tenore.  Uno studio di Arthur Kellerman, "Men, Women and Murder,"(sta in The Journal of Trauma, Luglio, 17, 1992, pp. 1-5) rivela un aspetto ancora più interessante: se distinguiamo, tra le donne uccise, quelle uccise all'interno del rapporto di coppia e quelle uccise da uno sconosciuto scopriamo che il primo caso si verifica con una frequenza doppia. Secondo alcuni dati forniti dalla Commissione Europea su due donne assassinate una cade uccisa per mano dell'attuale o ex marito o partner.  Secondo il rapporto ISTAT  sulla sicurezza dei cittadini in Italia su 223 omicidi avvenuti in famiglia nel 61% dei casi la vittima è stata una donna e nel 41.8% dei casi l’omicida è stato il partner.

Se dai paesi settentrionali si passa poi ai paesi islamici all'India o alla Cina, la situazione appare decisamente peggiore: come denunciato dal Corriere della Sera del 29 novembre 2005  il 47% delle donne uccise in Egitto sono eliminate da un parente dopo uno stupro che «infanga la reputazione della famiglia». E in Pakistan almeno tre donne vengono freddate ogni giorno in «omicidi d`onore» che restano impuniti al 100% perché, come denuncia l`attivista Nahida Mahbooba Elahi, «la polizia li giudica affari privati e si rifiuta regolarmente di perseguirli». Lo stesso articolo denuncia inoltre che il fenomeno dell’uccisione delle neonate e dell’aborto selettivo – reso possibile dalle nuove tecnologie - non mostra flessione alcuna: si parla di 60 milioni tra  bimbe uccise in questo modo e aborti selettivi (in Cina nell’ultimo censimento il rapporto maschi femmine era 119 a 100 mentre il rapporto naturale starebbe sui 103 a 100). 

Questi ultimi dati sono per noi marginali, dato che il "Progetto Francesca da Rimini si incentra essenzialmente sull'omicidio della donna nel rapporto di coppia in occidente; ma possono tuttavia servire a comprendere quale sia il contorno culturale e geografico di questo fenomeno.

 

3 - L'impatto mediatico del fenomeno

Il problema, a nostro avvisto, non è costituito solo dai dati statistici - effettivamente allarmanti - che lo caratterizzano. Il problema è costituito anche e soprattutto dalla scarsa attenzione mediatica e culturale che esso produce e dal clima di marcato disinteresse che lo contraddistingue. Si accenna, in genere, al fenomeno, solo in occasione dell'8 marzo; poi i riflettori si spengono e il fenomeno riprende, racchiuso nelle mura domestiche e ricondotto in modo davvero aberrante a una dimensione puramente privata. Non vi è dubbio che questo diffuso atteggiamento nei confronti del problema è una tra le concause del fenomeno stesso, e come tale deve essere analizzato.

Il modo in cui sovente i quotidiani e l'opinione pubblica giudicano questi fenomeni è stupefacente: l'assassino, non di rado, viene presentato egli stesso come vittima e la donna uccisa ottiene una pietà distratta, quasi sempre connotata esclusivamente per i cuoi caratteri sessuali ("La giovane R.S., una bella bionda di 32 anni...", "L'arma del fidanzato ha distrutto il sogno di M.G., un corpo da modella e tante speranze per il futuro...", "Marco amava tanto G.D., l'amava troppo: al punto che si era rovinato per lei..."): il messaggio che arriva è il seguente: certo, l'assassino ha fatto male, ma mettetevi nei suoi panni... poveraccio!!!

Il fatto che modi di pensare di questo tipo è ancor più rimarchevole dato che sul tema l'ONU,  Amnesty International e una gran quantità di associazioni lavorano e hanno lavorato producendo documenti e dati inoppugnabili. Vale anche la pena di osservare che nella nostra tradizione culturale fenomeni del genere non sono mai stati considerati accettabili, nemmeno in epoche in cui lo stato della donna versava in condizioni decisamente peggiori di quelle attuali. E' vero che fino a qualche anno fa il "delitto d'onore" entrava a far parte del nostro sistema giuridico; ma è altrettanto vero che il delitto d'onore non si presentava come un mccanismo giuridico assolutivo, ma come una sorta di "grande attenuante": lo Stato concedeva una grande attenuante all'uomo che uccideva la moglie adultera ma solo - e vale la pena di ricordarlo - se l'uccisione avveniva dopo la scoperta immediata del tradimento: non è mai stato scusabile uccidere l'adultera a freddo. L'uccisione della donna all'interno del rapporto di coppia è un concetto che la nostra tradizione culturale ha sempre considerato come qualcosa di decisamente mostruoso. Questo orrore che la nostra cultura tradizionale ha sempre provato per l’assassinio delle donne non nasce certo da un rispetto per la libertà e per l’indipendenza della donna ma piuttosto dal fatto che la donna è colei che porta in grembo la vita, la continuazione dell’umanità ed ucciderla equivale ad uccidere la vita. 

        Nel caso poi in cui la morte viene comminata all’interno di un rapporto di coppia, queste considerazioni si fanno ancora più forti. La nostra interpretazione tradizionale della parola “amore”, sia essa di derivazione religiosa o atea, porta naturalmente con sé il desiderio della felicità per l’amato; per questo niente riesce a renderci simpatici o accettabili personaggi come Gianciotto Malatesta o Enrico Settimo e nemmeno la penna di Shakespeare riesce a conferire rispetto a Otello. In effetti questi uomini sono stati sempre trattati come veri e propri "orchi" dalla nostra tradizione culturale.  Proviamo a contrapporre due personaggi, Gianciotto Malatesta (l'assassino di Francesca da Rimini) e Re Artù (tradito da Ginevra); entrambi si trovano a fronteggiare un adulterio abbstanza sgradevole ma mentre il primo reagisce uccidendo Francesca il secondo ripudia Ginevra e la fa rinchiudere in convento: e la nostra tradizione culturale omaggia Artù, e lo dipinge come un eroe, un vero e propri mito, mentre Gianciotto viene tramandato come il Barbablù, l'Orco. Sarebbe sin troppo facile e puerile ironizzare sul fatto che molti uomini, oggi,  non potendo più far rinchiudere le donne in convento, le uccidono. In realtà il problema è straordinariamente complesso e coinvolge i nuovi ruoli nella coppia e nel rapporto affettivo: è evidente che siamo chiamati a costruire una nuova cultura del rapporto di coppia, soppiantando i ruoli tradizionali con i valori dell’indipendenza e del rispetto. Una cultura nuova, in cui la donna svolga un ruolo più importante, in cui essa possa sviluppare il proprio pensiero in modo effettivamente libero anche dalle pastoie e dai limiti di una cultura tradizionalmente maschile.

Quello che qui vogliamo sottolineare che gli uomini che uccidono  le loro donne (o le loro ex donne), oltre a non riuscire ad adeguarsi ai nuovi ruoli che la società moderna impone, dimostrano di aver perduto ogni ritegno e rispetto anche per la propria tradizione culturale e per i propri valori. Analogamente, il clima di comprensione o di pietà verso gli assassini che sovente ritroviamo in articoli, libri a stampa o nei discorsi comuni non è in alcun modo giusitificabile come una reazione tradizionale: al contrario, è un fenomeno singolare, che in apparenza sembra far riferimento a certi valori tradizionali e al contempo mostra di essere del tutto rispetto alla nostra tradizione culturale. Questo stesso clima è in realtà parte integrande del fenomeno, e come tale deve essere analizzato. 


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